Compositore francese di origine italiana.
Gli inizi della carriera alla corte di francia. A tredici anni fu condotto a Parigi dal duca di Guisa e venne assunto come cameriere personale di Mlle de Montpensier, alla corte della quale ebbe modo di apprendere l'arte del bouffon e di perfezionarsi nel violino. Nel 1652, come violinista e ballerino, entrò al servizio del giovane Luigi xiv. Le doti non comuni di mimo e musicista (queste ulteriormente sviluppate alla scuola degli organisti N. Gigault, F. Roberday e N. Nétru) e uno spirito spregiudicato e intrigante gli assicurarono il favore del re e una rapida carriera. Nominato nel 1653 compositore della musica strumentale di corte, collaborò da quell'anno con J. de Benserade agli intermezzi danzati che il costume del tempo prescriveva per ogni rappresentazione drammatica, dall'Oedipe di Corneille (1659) alle opere di F. Cavalli introdotte a Parigi dal Mazarino. A poco a poco sostituì alle convenzioni della musica italiana elementi stilistici francesi, come l'air de cour (in stile sillabico) e la chanson brunette (semplice composizione da una a tre voci condotte omoritmicamente); queste forme appaiono compiutamente assimilate già nel Ballet de la Raillerie (1659). Nell'introduzione dell'Alcidiane (1658) compare in embrione la futura ouverture française, con piccolo fugato al secondo movimento, posto tra due episodi gravi e pomposi a ritmo puntato.
Dalla collaborazione con moliÈre all'«invenzione» dell'opera francese. Promosso nel 1661 a sovrintendente della musica del re, L. si associò poco dopo a Molière, e dalla loro collaborazione nacquero fra il 1664 e il '71 tredici comédie-ballets, specie di commedie o pastorali intercalate da danze di tipo esornativo che in realtà costituivano la parte principale dello spettacolo; si segnalano, fra le altre, Le bourgeois gentilhomme (1670), e la più pretenziosa Psyché, che propriamente è una tragédie-ballet in cui già traspare l'interesse di L. per l'opera (1671). Erano gli anni delle polemiche attorno all'opera in musica e all'adattabilità delle forme melodrammatiche italiane alla lingua e allo stile tragico francese. Quando nel 1671 fallì l'impresa di R. Cambert e P. Perrin per la creazione a Parigi di un teatro d'opera, L. si affrettò a rilevare il privilegio del re che gli assicurava il monopolio dell'opera in tutta la Francia e affrontò la questione alla radice. Sul corpo della pastorale, composta di allegorie, entrées, arie, danze e scenari, innestò un severo recitativo sillabico (dapprima «secco», poi accompagnato), sul tipo dell'originario «recitar cantando» fiorentino, ma privo di concessioni al belcanto e modellato sull'illustre dizione del teatro classico francese e sul suo codice di significati espressivi. Questo tipo di recitazione musicale, ligia al testo e senza divisione in battute, costituì l'ossatura dell'opera di L. e rimase esemplare per tutto il '700 francese nonostante gli attacchi degli illuministi.
Le tragédie-lyriques. Avvalendosi per lo più dell'opera del poeta Ph. Quinault, a partire dal Cadmus et Hermione del 1673 L. produsse quasi regolarmente fino alla morte una tragédie-lyrique all'anno, fissando via via la forma di questo genere. Essa consiste di un'ouverture (ormai stabilita nel tipo: grave-allegro fugato-da capo del grave), un prologo (quasi un'ampia cantata in cui confluiscono elementi del ballet de cour) e cinque atti, ciascuno introdotto da una ritournelle strumentale, con recitativi culminanti in brevi arie chiuse e senza fioriture, duetti spesso a imitazione, cori e danze strumentali. Si segnalano fra le altre il Thésée (1675), con cui scompaiono definitivamente i personaggi comici ancora presenti, secondo il modello italiano, nell'Alceste dell'anno precedente; Isis, Persée, Phaëton, rispettivamente del 1677, 1682 e 1683, caratterizzate da un'intensa partecipazione dell'orchestra all'azione drammatica; e infine gli ultimi capolavori Amadis (1684), Roland (1685), Armide (1686) e Acis et Galathée (1686), una pastorale-héroïque.
La produzione strumentale e sacra. Ormai «dittatore» della musica francese, L. esercitò la sua autorità anche in campo strumentale. Conferì alla suite una forma definita (allemanda - sarabanda - corrente - minuetto - giga); introdusse innovazioni nell'organico dell'orchestra aggiungendo spesso agli archi (che rimangono la base della scrittura a cinque parti) il raddoppio con flauti e oboi, nonché trombe sostenute dai timpani, con risultati di una particolare sonorità compatta che rimarrà a lungo tipica dell'orchestra francese. Attentissimo alla qualità delle esecuzioni, verso il 1670, scontento della Grande bande des violons du roi, aveva creato una formazione rivale, Les petits violons, che dirigeva personalmente con inflessibile disciplina. Un impegno importante rappresentò per L. anche la musica sacra, specie negli ultimi anni della sua carriera, quando l'avanzare dell'età rese il re devoto. Compose in questo campo dodici grandi mottetti per due cori a cinque voci, orchestra e organo, e una quindicina di piccoli mottetti per tre voci e basso continuo, che raggiungono talvolta risultati di grande suggestione espressiva.